L’arte divinatoria del kensô

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    Una brevissima premessa, dovendo fare un lavoro di ricerca sulle armi da taglio, mi sono imbattuta nell'antica arte dell'oplomanzia e nel kensô, ho trovato la tematica alquanto interessante e ho deciso di rendervi partecipi. Spero di aver inserito la discussione nella sezione corretta, altrimenti sono mortificata e chiedo cortesemente ai moderatori di spostarla dove è più corretto.


    L’arte divinatoria del kensô


    foto-1




    Il kensô è un'arte divinatoria giapponese che si inserisce nella branca dell’oplomanzia, ovvero la divinazione tramite l'impiego di armi, in quanto si basa sull'osservazione e l'interpretazione delle caratteristiche della lama di una spada con il fine di stabilire delle predizioni sul futuro del proprietario di questa.
    L’origine del kensô come sistema mantico codificato sembra fare la sua comparsa sul finire del periodo di Muromachi, in quanto ad oggi non si segnalano fonti documentarie ad esso pertinenti risalenti a prima della fine del XVI secolo.
    È tuttavia soprattutto all'epoca di Edo (1603-1868), e particolar modo durante la sua seconda metà, che si assiste allo svilupparsi dell'oplomanzia che in quel periodo arrivò a contare ben a nove scuole su tale dottrina.
    Questa disciplina mantica risulta in voga dalla fine del XVIII alla metà del XIX secolo, e dalla circolazione di testi sul tema, si può dedurre che i lettori ad essa interessati non dovettero essere pochi, per far sì che i librai-editori decidessero di investire nella stampa di tali opere. Da alcune fonti risulta tuttavia che accanto agli estimatori vi erano anche persone fortemente avverse a questa pratica che consideravano poco veritiera.
    Ad oggi ci si pongono diversi interrogativi relativamente a quest’arte divinatoria, alcuni hanno facile risposta, come individuare nei proprietari delle spade coloro che più avevano motivo di ricorrere ai servigi di chi divinava tramite il kensô; altri lasciano ancora oggi dei quesiti ancora aperti. Ci si domanda ad esempio se questa disciplina influenzasse i fabbri, nella produzione o nel commercio delle spade. Sicuramente i criteri di stima del kensô, come si vedrà tra breve, sembrano abbastanza simili a quelli della perizia. In base a questo, le raccomandazioni dei divinatori contribuirono senza alcun dubbio ad una selezione delle lame, scartando quelle di cattiva qualità, troppo consumate o in cattivo stato di conservazione. Infatti, tale perizia ebbe almeno il vantaggio di sensibilizzare i clienti sulla presenza di eventuali imperfezioni presenti sulla lama. Questo comportò, come si può ben immaginare, la necessità da parte di alcuni di dover cambiare la propria lama, andando così a sostenere la produzione dei shintô, cioè le nuove spade realizzate fra il 1596 ed il 1800 circa, che differivano notevolmente nel metodo di forgiatura rispetto alle kotô, le spade antiche, prodotte prima del 1596.


    Japanese-Blade-Parts




    Passiamo ora a vedere nello specifico la tecnica impiegata dal divinatore per l’interpretazione della lama, questa si basava sull’analisi di cinque elementi:

    1) La lunghezza della lama

    Secondo una delle teorie del kensô, la lunghezza di una lama poteva essere benefica o malefica. Per “misurare” la natura di una lama e dare il proprio parere, il divinatore impiegava una stecca graduata particolare chiamata kenjaku e di cui esistevano diversi modelli a seconda delle diverse scuole di oplomanzia. Questo righello era un'adattazione del karajaku («piede cinese») che veniva impiegato generalmente per determinare le dimensioni fauste degli elementi di una costruzione (es. per la realizzazione di tombe o per le are nei templi), solitamente si presentava diviso in otto sezioni; in ciascuna di queste era inciso un carattere cinese che rinviava ad una particolare funzione mantica. Si succedevano così da destra a sinistra: kichi (buon presagio), gai (danni/lesioni), (minacce/peccati?), kan (funzione [amministrativa]), gi (dovere/lealtà), ri (separazione), byô (malattia), zai (ricchezze).
    Il kenjaku veniva utilizzato apoggiandolo contro il lato posteriore o il taglio della lama la cui sporgenza serviva come punto di partenza della misura. Il risultato veniva indicato dal segmento raggiunto dall'estremità della punta della lama. Per le lame più lunghe bastava si doveva spostare una seconda volta il righello con un movimento di traslazione allo scopo di coprire in questo modo tutta la lunghezza della lama.

    2) La presenza di imperfezioni

    L’analisi delle imperfezioni e dei difetti di fabbricazione (kizu) costituiva un ulteriore elemento diagnostico per l’oplomante. Venivano pertanto valutate, la forma, la natura e la posizione del difetto.
    Per determinare il significato e l'augurio di un kizu in base alla sua collocazione sulla lama, ricorrevano a due metodi diversi. Il primo riguardava l'applicazione del kenjaku lungo la lama per determinare in quale possibile funzione mantica si trovava il difetto. Il secondo metodo, invece, non impiegava l’uso del righello, ma la lama veniva teoricamente divisa in cinque sezioni, ad ognuna delle quali veniva attribuita una determinata funzione mantica. Ogni sezione presentava una doppia lettura:
    ki (legno) associato a Un (destino) – destino positivo o negativo;
    kin (metallo) associato a Mei (vita) – la lunghezza o la brevità della vita;
    tsuchi (terra) associato a Fuku (felicità) – la buona o la cattiva sorte;
    mizu (acqua) associato a Shû (aggregazione) – accumulo di cose sia buone che cattive in base alla fortuna;
    hi (fuoco) associato a San (dispersione) – disperdere o spargere sia il bene che il male.

    3) La forma della tempra

    La forma dello yakidashi (linea di tempra che termina prima dell’hamachi, il "gradino" di una lama nel punto dove si unisce al nakago e che serve da fermo allo habaki), dello hamon (la linea di tempra che corre lungo il filo di lama) e del bôshi (la parte temperata posta sulla punta della spada) offriva ulteriori indicazioni al divinante.
    Lo yakidashi tipicamente incurvato veniva considerato come il più benefico, mentre uno dritto portava sfortuna.
    Uno hamon di stile “irregolare”, le escrescenze simili a delle onde frangenti dovevano dare l'impressione di dirigersi verso la punta della lama per essere considerate fauste.
    Per quanto riguarda il bôshi, quello a forma di fiamma denominato “kaen” era visto come negativo in quanto annunciatore di possibili incendi.

    4) Le strutture martensitiche

    Gli indovini cercavano nelle strutture martensitiche, prodotte durante la fase della tempra, dei possibili segni di buon augurio. Le figure astrali (sole, luna, stelle) erano particolarmente apprezzate e viste come positive. Anche i sunagashi (linee sullo hamon che sembrano delle dune di sabbia) o il chikei (linea poco visibile, grigiastra, leggermente incurvata che si snoda fra la granatura superficiale di una lama e che sembra per effetto ottico trovarsi sotto la superficie) zoomorfi che evocavano uccelli, draghi o serpenti erano interpretati come un buon segno, a condizione però che il capo dell'animale fosse rivolto verso la punta della spada; tale principio risultava anche valido per i horimono (incisioni) a forma di drago e per i menuki, la coppia di piccoli oggetti ornamentali che venivano posti sotto le legature dello tsuka (l’impugnatura della lama) utili per migliorarne la presa.

    5) Il nakago

    Il nakago, ossia il codolo della lama, era considerato a priori di buon augurio se si trovava nel suo stato originario (ubu nakago).
    I mekugi-ana, il foro o i fori presenti su di un nakago per farlo attraversare dal menuki e in questo modo chiudere la montatura di un'arma, disposti sullo shinogi, forati di traverso, che si avvicinano troppo all’orlo o che non adempiono più alla loro funzione erano invece interpretati di cattivo augurio.
    I machi, i due "gradini" di una lama che separano il nakago dalla lama vera e propria (tôshin), e contro i quali va a fermarsi lo habiki (quello dal lato dorso prende il nome di Mune Machi, l'altro quello di Ha Machi), per assumere un valore positivo dovevano essere allineati, nettamente tagliati e finiti accuratamente. Se invece risultavano in cattivo stato, scostati l'uno rispetto all'altro, non tagliati correttamente o addirittura assenti assumevano un carattere profondamente negativo.

    Curiosità

    Tramite le fonti scritte, sappiamo che per la fabbricazione delle lame gli spadai giapponesi prendevano in considerazione le fasi lunari, in quanto ritenevano che potessero influire e infondere nella katana uno spirito diverso a seconda della fase in cui si cominciava la lavorazione. E proprio per questo motivo le spade potevano essere “malvage” o “benevole”, come dimostrano diverse leggende tra cui quella che qui vi propongo.
    Una di queste infatti vede protagonista Masamune Okazaki (1264-1343), un fabbro specializzato nel forgiare spade, conosciuto anche come Goro Nyudo Masamune, la cui mancanza di dati biografici certi rende la sua esistenza parte della leggenda associata alle sue mitiche spade. La leggenda narra di una sfida fra Masamune e Muramasa, suo allievo, per vedere chi dei due fosse in grado di costruire la spada più tagliente. Entrambi crearono due magnifiche spade e decisero di metterle alla prova: le due spade sarebbero state appese a una sporgenza sopra un fiume, con la punta della lama immersa nell'acqua. La spada di Muramasa tagliò ogni cosa che incontrava come pesci, foglie e lo stesso vento. La spada di Masamune, al contrario, la Yawaraka-Te (mano delicata) non tagliò nulla: i pesci e le foglie passavano incolumi, mentre il vento soffiava dolcemente sulla sua lama. Muramasa innervosito da quanto stava accadendo si lamentò con Masamune per il suo disinteresse, questi allora tirò fuori dall'acqua la propria spada, l'asciugò e la ripose nel fodero, mentre Muramasa lo derideva. Un monaco, che aveva assistito a tutta la sfida, parlò ai due: "La prima spada è senza dubbio una spada tagliente, ma è portatrice di sangue, una spada malvagia che non fa differenza fra ciò che taglia. Può essere buona per tagliare farfalle così come teste. La seconda è invece notevolmente la più tagliente fra le due, e non taglia senza motivo ciò che è innocente".
    Esistono ovviamente numerose versioni di questa leggenda: ad esempio, una secondo cui la spada di Muramasa tagliava le foglie, mentre quella di Masamune le riuniva, un’altra invece ricorda di come Muramasa venne ucciso proprio per essere stato in grado di creare spade malvagie.

    Note

    Quanto riportato è un approfondimento derivante da un sunto del lavoro proposto nel 2015 da Franz Baldauff, dell’Istitut National des Langues et Civilisations Orientales, durante una conferenza tenutasi a Parigi e promossa dal Kokusai Tôken Kai e tradotto per questi da Xavier Van Wlden.

    Nel 1905 l’inglese Talbot Clifton tradusse assieme al maestro Hamaguchi un vecchio trattato giapponese sulla divinazione tramite lettura dei segni sulle lame. Si può reperire il testo in pdf e in italiano dal sito della Confederazione Italiana di Kendo.
     
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    Altair no yume ))0((

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    Molto interessante ^^
     
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