Breve Riflessione sulla Conoscenza

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  1. Narathea
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    Edited by Narathea - 13/3/2011, 02:35
     
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  2. ViraBhava
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    La risposta è implicita nella domanda.
    Se conoscere è limitare e definire, allora la conoscenza serve a delimitare.
    Cos'è è ancora più semplice.
    E' il modo in cui la nostra mente delimita e definisce ciò che non conosce.
    Quindi mi dirai, a che serve delimitare? Fondamentalmente a niente, è solo che la nostra mente è uno strumento limitato quindi ha bisogno di apprendere per separazione e non per riunione.
    Definire il rosso significa separare il rosso da tutti gli altri colori.
    Non sono d'accordo sull'associazione: superare limite=fine=morte, o almeno non nei termini da te espressi.
    Superare un limite è trascenderlo, non è un desiderio di fine, poichè anche il desiderio è un limite, e sarebbe quindi un paradosso "desiderare di non desiderare".
     
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  3. Artiglio Di Tenebra
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    @ViraBhava: Non e' corretto dire che superare il limite si l'equivalente di trascenderlo.

    Conoscere=limitare: la cosa e' di per sé contraddittoria perché limitare qualcosa significa innanzitutto aver gia' presente la cosa che si intende limitare. Dunque conoscere non puo' equivalere a limitare perché limitare presuppone la conoscenza. Ebbene cosa significa conoscere?
    Dunque la conoscenza va inevitabilmente al di la' della definizione (cioe' del limite).
    Il limite e' quindi qualcosa che noi poniamo su cio' che conosciamo. Dal limite deriva l'inevitabile rigore logico: difatti se non ci fosse un limite sarebbe impossibile stabilire che una cosa e' "quella cosa" e non e' "un'altra cosa". Torna in gioco il dualismo essere/non essere, che e' alla base della logica e dei sensi, tutto grazie al limite.
    La conoscenza e' quindi un presupposto che non tiene conto del limite e per ora basta come definizione. C'e' da dire che esiste anche una consapevolezza della conoscenza che si ha e una relativa inconsapevolezza.

    Chi pone limiti efficaci nei confronti della realta' ha la possibilita' di trascendere tali limiti, in quanto il limite e' ben segnato. Trascendere il limite significa quindi conoscere il limite stesso della cosa dopo averlo posto. Conoscere il limite significa avere una conoscenza pura della cosa, cioe' sfuggire al limite senza porre un eventuale limite del limite. Eliminando la definizione si ottiene la consapevolezza di quella che e' la conoscenza pura originale, ma per eliminare la definizione bisogna averlo ben presente. Avere consapevolezza significa trascendere il limite.

    Oltrepassare il limite e' ben diverso, perché significa che il limite non si conosce ed esso viene spostato sempre oltre dall'intelletto. Porre il limite sempre piu' lontano significa rimanere legati inconsapevolmente al limite stesso, senza mai riuscire a trascenderlo.



    Sul Desiderare di Non Desiderare direi che non si tratta di un paradosso, ma incarna perfettamente lo spirito di chi impara a trascendere il limite, ma anche quello di chi vorrebbe superarlo.
     
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  4. ViraBhava
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    Narathea quello che cerco di esprimere non è semplice.
    Da alcune cose che ho letto deduco che tu abbia avuto a che parlare con black... magari non usi il suo modo, ma noto come usi la parola Limite e Con-Fine. Ma poni questo limite nel punto sbagliato. Poni un limite tra essere e non-essere, cosa alquanto improbabile. Non può esistere un non-essere poichè la stessa definizione di "non-essere" lo rende qualcosa, qualcosa che è definibile e limitabile a quel concetto, quindi impossibile da definire come non-essere.
    La Morte in tutto questo ha un ruolo, per molti è la fine della vita... perchè quando mai siamo nati? Per la tua mente è più vivido il ricordo del sogno fatto la scorsa notte o quello della tua nascita? L'universo sensibile è quello che noi percepiamo. Molti danno importanza a sentimenti intangibili ed effimeri come le ombre che si muovono nella notte... si è interessante, ma non è utile...
    Per quello che riguarda il paradosso, dato che mi si paragona spesso a Black ti direi quello che direbbe lui (posso permettermi di farlo perchè lo conosco bene, in caso avrà qualcosa da obiettare alla mia risposta, di cui verrà informato, ti farò sapere): "il paradosso è l'unico strumento per porre in essere una conoscenza che va oltre il limite della definizione stessa di conoscenza".
    Non è errato, ma dipende dal punto di vista. Un paradosso è uno strumento potente perchè ti permette di analizzare una conoscenza liberandoti del limite della mente razionale. Il paradosso è incomprensibile per la mente, che quindi non può analizzare, ed ha come unica ipotesi il ritiro nel silenzio.
    Ciò nonostante, per usare il paradosso bisogna avere un'adeguata preparazione, senza considerare che non tutti riescono a far ritirare la mente in silenzio contemplativo.
    Sono dell'idea che per insegnare bisogna mentire (anche a sè stessi) sapendo di mentire, mostrare un paradosso crea confusione, è destabilizzante, potrei dirti di aver visto una Menzogna Veritiera o una Verità Menzognera... non capiresti molto... se non che ho visto qualcosa che non è esprimibile a parole poichè oltre la definizione stessa della conoscenza e della parola.
    Ovviamente, sia nel caso che si scelga il paradosso, sia nel caso che si scelga la menzogna, si cade nel rischio di divenire delimitati dal concetto stesso dell'idea che stiamo esprimendo.

    Artiglio di Tenebra, forse mi sono espresso male... probabilmente...
    Diciamo che con trascendere indico il "non essere più vincolati dal limite". Superare un limite è un modo per esserne ancora dpendenti perchè superarlo lo rende reale. Trascenderlo implica il renderlo illusione.
    Intendevo solo questo ;)
     
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  5. Lord Dunancht
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    L'intera questione è creata da un utilizzo improprio del linguaggio. Voi dite che è possibile trascendere il limite della definizione mediante la conoscenza perfetta dell'oggetto. Ma la definizione altro non è se non l'insieme di caratteri propri di un oggetto.
    Se noi conosciamo l'oggetto per quello che è e non mediante il nome la nostra non sarà conoscenza comunicabile. Non sarà conoscenza nemmeno per noi, o quantomeno sarebbe inutile, poiché se tralasciamo i caratteri di un oggetto non potremmo compararlo, inserendolo in una preposizione. Poiché ogni oggetto conosciuto conterrebbe i propri predicati ed essi sarebbero impronunciabili senza spezzettare nuovamente l'oggetto nei suoi caratteri definenti.

    Anche perché gli oggetti trascendono già di loro la definizione nelle nostre menti, essa viene ad essere un bisogno impellente quando si usa il linguaggio per relazionare gli oggetti. Ovvero, noi consideriamo superato il dualismo di Parmenide e poi quello più evoluto di Kant quando Ficthe divide l'oggetto(in realtà il soggetto, ma è un'idea superata) in "Se", "non-Se" e "Se divisibile", le prime due parti sono quelle che non richiedono definizione, ma non possono essere comunicate. La terza parte è proprio quella che supera il dualismo essendo l'insieme di caratteri, ovvero la definizione, dell'oggetto che noi utilizziamo per trasmetterne il concetto. Questo "Se-divisibile" fatto di caratteri e rapporti, non è l'oggetto bensì la concretizzazione del suo concetto.

    Provo a semplificare:
    Oggetto gatto.
    Se: gatto
    non-Se: tutto ciò che non è un gatto
    Se-divisibile: le caratteristiche che rendono un gatto diverso da ciò che non è un gatto(pelo fatto in un modo, ossature di tale forma, sistema circolatorio disposto in tal modo, combinazione di amminoacidi nel genoma, ecc) che sono poi ciò che noi forniamo come definizione, sia a noi che nella comunicazione.
     
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  6. Artiglio Di Tenebra
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    CITAZIONE (ViraBhava @ 14/9/2010, 19:53)
    Artiglio di Tenebra, forse mi sono espresso male... probabilmente...
    Diciamo che con trascendere indico il "non essere più vincolati dal limite". Superare un limite è un modo per esserne ancora dpendenti perchè superarlo lo rende reale. Trascenderlo implica il renderlo illusione.
    Intendevo solo questo ;)

    Esatto, quindi superare il limite (o definizione) e trascenderlo, sono 2 cose differenti!

    CITAZIONE (Narathea @ 14/9/2010, 19:11)
    No. Allmeno per quanto riguarda la Conoscenza, quando prendiamo Coscienza di una "Verità" (passatemi il Termine) il limite è già stato applicato! (Conoscenza)
    Il Limite della Dualità è già presente in noi prima ancora di prendere Coscienza di una Verità. Non si tratta solo di un limite ma anche di uno strumento. Senza questo strumento non ci sarebbe Verità e non ci sarebbe Menzogna, per la nostra Mente.
    Non possiamo concepire qualcosa di Illimitato, per questo il limite viene PER FORZA prima della Conoscenza.

    Come fai a costruire una muraglia intorno ad una citta' se non c'e' gia' la citta'?

    CITAZIONE (Lord Dunancht @ 14/9/2010, 22:14)
    L'intera questione è creata da un utilizzo improprio del linguaggio. Voi dite che è possibile trascendere il limite della definizione mediante la conoscenza perfetta dell'oggetto. Ma la definizione altro non è se non l'insieme di caratteri propri di un oggetto.
    Se noi conosciamo l'oggetto per quello che è e non mediante il nome la nostra non sarà conoscenza comunicabile. Non sarà conoscenza nemmeno per noi, o quantomeno sarebbe inutile, poiché se tralasciamo i caratteri di un oggetto non potremmo compararlo, inserendolo in una preposizione. Poiché ogni oggetto conosciuto conterrebbe i propri predicati ed essi sarebbero impronunciabili senza spezzettare nuovamente l'oggetto nei suoi caratteri definenti.

    Anche perché gli oggetti trascendono già di loro la definizione nelle nostre menti, essa viene ad essere un bisogno impellente quando si usa il linguaggio per relazionare gli oggetti. Ovvero, noi consideriamo superato il dualismo di Parmenide e poi quello più evoluto di Kant quando Ficthe divide l'oggetto(in realtà il soggetto, ma è un'idea superata) in "Se", "non-Se" e "Se divisibile", le prime due parti sono quelle che non richiedono definizione, ma non possono essere comunicate. La terza parte è proprio quella che supera il dualismo essendo l'insieme di caratteri, ovvero la definizione, dell'oggetto che noi utilizziamo per trasmetterne il concetto. Questo "Se-divisibile" fatto di caratteri e rapporti, non è l'oggetto bensì la concretizzazione del suo concetto.

    Provo a semplificare:
    Oggetto gatto.
    Se: gatto
    non-Se: tutto ciò che non è un gatto
    Se-divisibile: le caratteristiche che rendono un gatto diverso da ciò che non è un gatto(pelo fatto in un modo, ossature di tale forma, sistema circolatorio disposto in tal modo, combinazione di amminoacidi nel genoma, ecc) che sono poi ciò che noi forniamo come definizione, sia a noi che nella comunicazione.

    Sai che NON considero il "dualismo" (anche se non e' corretto chiamarlo cosi') di Parmenide come superato! Ma Parmenide parla di tutt'altro, cioe' la sua logica puo' essere applicata a questo discorso e senz'altro lo tocca, ma i testi di Parmenide andrebbero correttamente interpretati e non e' il caso in questo topic! xD
    Comunque hai toccato un punto fondamentale.
    Hai confermato il mio tentativo di spiegare il limite (che uso come sinonimo di "definizione") e tutte le conseguenze logiche. Per il resto ribadisco: la conoscenza e' un presupposto per la definizione, la definizione e' un presupposto per l'intuizione (che poi e' il grado massimo di conoscenza).
    Per spiegare cosa significa intuire, cioe' trascendere il limite, mi allaccio a cio' che ha detto ViraBhava sui paradossi. Il paradosso, come l'enigma, accenna cio' che e' la realta' e lo fa mostrando appunto la natura paradossale delle cose. Il paradosso che meglio serve a questo scopo e' il discorso sviluppato da Zenone partendo dalla domanda sull'unita' e la molteplicita' dell'essere e che risulta del tutto inattaccabile: questo paradosso puo' essere applicato su tutti i fondamenti della realta' sensibile (tempo, spazio, caratteristiche) e consente di rendersi consapevoli riguardo alla natura contraddittoria delle cose e quindi dell'invalidita' della definizione. In origine c'e' la contraddizione, ovvero la cosa stessa, da cui deriva la conoscenza originale, poi c'e' la definizione, l'imposizione del limite e del rigore logico, da cui deriva la conoscenza sensibile e infine c'e' il paradosso, l'atto di trascendere il limite, l'annullamento della definizione, la contemplazione della contraddizione originaria (o divino), da cui deriva la consapevolezza, la presa di coscienza, il ritorno alla conoscenza reale e originaria.
    Sono un greco nel modo di pensare (e non solo greco), ma il paradosso di Zenone e' insolubile e mi da' assolutamente ragione!
     
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  7. ViraBhava
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    Narathea, vorrei contraddirti.
    Qualsiasi cosa è esprimibile a parole, poichè deriva da un'idea. L'idea è costituita da Suono, Colore e Forma e puoi esprimerla seguendo questi tre canoni. Più la tua idea sarà "terrestre" più sarà facile esprimerla, più sarà "celestiale" meno sarà facile esprimerla, ma c'è sempre un modo per farlo.
    Si può parlare solo di ciò che si sperimenta, e se lo si sperimenta lo si rende reale. Lo stesso nulla, per quanto indescrivibile in sè stesso, lascia un'impressione, bada bene, ho detto impressione non segno. Puoi quindi descrivere l'impressione che la tua mente ha nel percepirlo, impressione che non sarà il nulla, ma l'effetto che il nulla ha esercitato sulla tua mente. Ecco perchè è difficile liberarsi, perchè qualsiasi cosa lascia un seppur minimo "ricordo", e si tende ad identificare la liberazione nel ricordo che essa lascia impresso in noi, non nella liberazione stessa.

    Lord per quello che mi riguarda "trascendere" non è riferito al limite della definizione dell'oggetto. Trascendere è andare oltre la conoscenza stessa, poichè la conoscenza impone il limite di esprimere un qualcosa delimitandolo alla nostra percezione. Non può quindi esistere la conoscenza assoluta dell'oggetto poichè sempre falsata dalla nostra percezione della conoscenza.
    Ecco perchè non credo nella distinzione reale e non reale, poichè la realtà di un fenomeno dipende dalla percezione di chi lo osserva. Il fatto che milioni o moliardi di persone vedano il fenomeno in un modo, non esclude che altri lo possano vedere in altro modo, e non dà alla maggioranza il diritto di essere nel vero, poichè sarà vero solo per i loro occhi, non per gli occhi che hanno visto un fenomeno diverso...
     
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  8. Artiglio Di Tenebra
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    CITAZIONE (Narathea @ 16/9/2010, 19:00)
    Prova a pensare all'Infinito, o al Nulla, o a qualcosa di Illimitato :) Non ci puoi riuscire...

    Appunto, ma nel momento in cui nomini l'infinito lo definisci! Ma hai aplplicato un limite a qualcosa di preesistente. Ora c'e' da chiedersi, come fai ad applicare un limite a qualcosa se non conosci la cosa stessa?
    Riformulo la domanda: come fai a costruire una muraglia intorno ad una citta' se non sai che la citta' esiste, che ha una certa lunghezza etc.? E' una metafora, ma calza a pennello.
     
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  9. ViraBhava
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    Il problema Artiglio di Tenebra è se identifichi l'infinito o il nulla nel tuo pensiero o se sei consapevole che il tuo pensiero è solo una percezione soggettiva (e non assoluta). Quindi non puoi porre limiti all'infinito ma solo all'idea che tu hai creato circa l'infinito...
    Per dirlo in altri termini: l'uomo può relazionarsi solo alle idee che costruisce nella sua mente non con ciò che fa nascere le idee poichè ciò che fa nascere l'idea è "unico", mentre l'idea è partizionata...
    Quindi a che serve definire un'idea che ha senso di esistere solo nella nostra mente e nella nostra percezione? Si corre solo il rischio di pensare che la nostra idea (parziale e soggettiva) sia l'origine dell'idea stessa...
     
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  10. ViraBhava
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    Perchè la mente, strumento dalle infinite possibilità, non dovrebbe essere in grado di concepire qualcosa di illimitato? Non a caso Ajna, la Visione, è situato al centro dei due emisferi.
     
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  11. ViraBhava
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    L'universo stesso non è immagine della mente che lo osserva?
     
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10 replies since 14/9/2010, 14:36   646 views
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