OPUS MAGICUM: LE “PAROLE DI POTENZA”

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    Antriani Fidelis
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    Tratto da: "Introduzione alla Magia" - volume I -
    Gruppo di Ur (diretto da Julius Evola) - Edizioni Mediterranee

    Quanti si sono occupati di Magia, per semplice curiosità, o per vero desiderio di conoscenza, oppure per impadronirsi dei favolosi poteri, sono rimasti alquanto stupiti nell’ incontrare, in qualsiasi rituale, formule contenenti parole che sono sembrate affatto inintelligibili e segni, geometrici o non, chiamati «caratteri» o «sigilli» di «spiriti», di cui viene suggerito l’uso, senza pertanto darne una ragione.

    Ho già brevemente accennato a questo altrove, scrivendo delle erbe magiche, dando alcuni elementi di significato.

    È opportuno rilevare, innanzitutto, che quasi tutte le parole dei rituali, sono veri e propri nomina barbara, cioè parole di altre lingue - latina, greca, ebraica, caldaica, egiziana - malamente trascritte in un primo tempo, e poi sempre peggio deformate da copisti ignoranti e da autori idem. Sarebbe quindi sufficiente ridurle alla loro originale grafia per averne l’esatto significato, che, quasi sempre, indica attributi particolari dell’ente supremo. Per es. l’ Eye Serayeraye che si legge ovunque, sarebbe meglio trascritto in Eièh ascèr Eièh – uno dei « nomi divini », tratto dall’ Esodo, cap. III, ver. 14, là dove Dio stesso, nel roveto ardente, risponde a Mosè che lo interrogava, nominando sè stesso:



    A.H.I.H. À.SC.R. A.H.I.H.



    che equivale, secondo una delle moltissime interpretazioni, ad: «Io sono Colui che è ».

    In altri casi è opportuno, secondo quanto consiglia il Tritemio, di trascrivere le parole in caratteri caldaici, perchè esse hanno, talora, significato in quella lingua, usata dai sacerdoti di un popolo che fu tra i primi e principali depositari della Tradizione Mediterranea. Inoltre s’incontrano nei testi delle parole che, comunque si voglia, non possono essere ricondotte ad un possibile significato, sia perchè composte talora di sole vocali, o di sole consonanti, oppure di aggruppamenti tali di esse, che non si prestano ad alcuna possibilità di interpretazione o di derivazione filologica. Tali sarebbero le vere e proprie « parole di potenza ».

    Le parole di potenza, così chiamate in Egitto, ebbero vari nomi, dai vari popoli e dalle varie scuole od ordini da cui venivano usate; così per esempio furono chiamate dai Greci: ashma onomata, termine, il primo, che può indicare, non soltanto che tali nomi sono inintelligibili.ed oscuri, ma anche, secondo altre accezioni, che sono ignoti e sconosciuti al profano, che sono, forse anche, nomi senza segno, cioè nomi il cui suono profondo non può essere detto o percepito che in una folgorazione dello spirito libero da ogni legame corporeo. Della loro esistenza v’è traccia in qualunque delle varie forme della Tradizione, fino a noi pervenute, come suoni magici, nomina arcana, e, particolarmente, le combinazioni e permutazioni di vocali furono chiamate voces misticae o sillabe mistiche. Dai Greci furono anche dette logoi spermaticoi o « parole causali », e, nella tradizione indù, mantra, o nomi naturali, intendendo con questo, che tali parole apparterrebbero alla lingua originaria e perfetta nella corrispondenza fra il termine, che conterrebbe l’essenza della cosa, e la cosa significata.

    Malgrado che la realizzazione delle parole di potenza si svolga su di un piano essenzialmente pratico, in cui è bene mantenersi liberi da ogni teoria o preconcetto, accenno in breve il lato dottrinale che ad esse si riferisce.

    Nella suprema potenza il Verbo si realizza compiutamente e perfettamente, poichè in sè contiene il principio di ogni manifestazione e, in questa, si attua con lineare corrispondenza tra la volontà realizzatrice e l’ente realizzato.

    La parola è il mezzo della realizzazione, e può essere anche condotta alla percezione umana, portandola ad una ottava umanamente sensibile.

    Che la parola sia tale mezzo, viene indicato dalla legge analogica, osservando come ogni manifestazione abbia origine da un centro di potenza che agisce trasmettendo la sua energia in onde particolarmente ampie e frequenti. Tali onde possono essere percepite come suoni.

    Ed anche per analogia si può intuire la legge di formazione dei caratteri degli enti, ricordando i grafici del Lissajous, ottenuti con i diapason, e le bizzarre figure che ottenne il Chladni facendo vibrare delle sottili lamine cosparse di sabbia finissima.

    La parola, quindi, non è solamente suono, ma anche forma. Perciò ad ogni ente corrisponde il suo nome ed il suo carattere, o signatura, entrambi propri a lui solo e non ad alcun altro.
     
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    Kotodama

    Il “Kotodama” è una forza spiritale misteriosa che sta nella “parola”. I kotodama sono delle frasi, dei suoni vocalici, che hanno una parte molto importante nella vita giapponese.


    In Giappone, si credeva (ed anche oggi è rimasta una sorta di superstizione) che ogni parola pronunciata si sarebbe un giorno realizzata: In matrimonio giapponese, nessuno dei partecipanti dice le parole che fanno immaginare "separarsi" né "divorziarsi", non solo per evitare la maleducazione. Hanno paura che succederà per la colpa delle parole.
    Se uno studente ha un esame di iscrizione per un'università, la sua famiglia sta attenta di non pronunciare "ochiru" o "suberu", perché tutti e due significano "bocciarsi".

    Se qualcuno sta morendo sul letto in un ospedale, nessuno della famiglia, parenti, e amici inizia a chiamare l'agenzia di funerale. Anzi se lo fa, verrà attaccato dai tutti, magari uno dei questo penserebbe, "Speri che muore prima possibile?".

    "Kotodama" si scrive 言霊. (anche 言魂)
    言 "koto" è "parole".
    霊(魂) "tama" (collegando con "koto", si pronuncia "dama") è "spirito" o "anima".
    La parola "koto" ha un altro ideogramma 事 che intende "fatto". Ora i due ideogrammi hanno i diversi significati, ma nell'era antica, anche dopo dell'importo del kanji dalla cina, il "dire" e il "fatto" avevano un concetto uguale. In un libro antico si vede 言 come 事, e viceversa.
    E' KitKat, un prodotto dolciario di Nestlè.
    I giapponesi lo pronunciano "kitto katto", che somiglia un po' "kitto katsu", cioè "vincere assolutamente".
    Per cui nel periodo dell'esame vengono acquistati dagli studenti che vogliono i cioccolatini che portano la fortuna. E' un esempio di kotodama positivo.

    Anticamente in Giappone chiamare qualcuno con il nome vero veniva evitato, perché chiamare così significava di controllare o dominare la personalità dell possessore del nome.

    Quando due giovani si frequentano, per la ragazza fare sapere il suo nome vero è dichiarare che accetta il rapporto d’amore. Infatti nelle poesie antiche, chiedere il nome, è considerato una proposta di matrimonio.
    In Kojiki, c'è una storia in cui una ragazza che aveva rivelato il suo nome per la richiesta da un imperatore, l'ha aspettato per ottanta anni sperando che lui venisse a prenderla.

    L'autorice di Genji Monogatari è conosciuta come Murasaki Shikibu 紫式部. Ma non è il suo nome personale. Dicono che il nome autentico fosse stato Fujiwara Takako o Kaoriko 藤原香子, ma non è chiaro. Murasaki è stato preso dal nome di un personaggio nella storia, Shikibu è il nome del ruolo dilavoro di suo padre.


    Non chiamare il nome vero è scomodo, così è nato azana (字) il sopranome per sostituirlo.
    (Oggi tra gli amici quello che si usa per esprimere la simpatia si dice adana (あだ名). Col tempo è stato confuso con azana e adana.)

    Il nome vero invece si dice imina (諱). Si scrive anche 忌み名, appunto vuol significare "nome da evitare di dire".

    Il noto samurai Miyamoto Musashi, di cui Musashi è azana. Il vero nome è Harunobu. Ma conunque lo chiamiamo Musashi, il nome conosciuto.

    Anche oggi si trova facilmente la traccia di questo concetto, anche se oramai non è così presente come una volta.

    In Giappone gli imperatori hanno il nome vero, ma durante la loro era, nessuno li chiama con il nome, anche perchè non è neccesario. L’imperatore è sempre e solo uno, per cui basta chiamare "L'imperatore". Per distinguerlo dagli altri imperatori del passato, lo chiama "Kinjoo Tennoo", ossia "L'imperatore Attuale". L'imperatore precedente, con il nome dell'epoca Showa, lo chiamano Showa Tennoo. I Giapponesi si sorprendono quando sentono che all' estero si usa il nome vero, come ad esempio capitò per L'imperatore Hirohito.

    Nella vita quotidiana dei giapponesi, chiamare il nome vero è comunque significativo. Ad esempio nei cartoni animati la protagonista si imbarazza per essere chiamata con il suo nome, non cognome ne sopranome! Per chi vivere in Giappone, osservando bene come si chiamano, si capisce il rapporto o la distanza personale tra le persone.


    Nel Reiki con il termine Kotodama, ci si riferisce ai Mantra dei vari simboli. Non è insolito comunque sentire chiamare i Kotodama anche Jumon.
    Il termine Jumon, significa "incantesimo" o "magia". quell'insieme di leggi cosmiche che regolano l'intero universo.

    In alcune scuole giapponesi i Kotodama non vengono semplicemente pronunciati ma intonati come dei Mantra: vengono salmodiati a ripetizione o emessi come se fossero un lungo suono. Grazie alle loro vibrazioni, i Mantra producono un effetto di guarigione attraverso la funzione dell’interdipendenza: ogni Mantra possiede una determinata frequenza vibrazionale, per mezzo della quale l'energia liberata può essere indirizzata in modo preciso, al fine di lavorare su tematiche specifiche; siano esse fisiche, mentali o spirituali.
     
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  3. jamato
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    L'articolo è interessante, Ma per cortesia quando si riporta integralmente un pezzo, mettiamo in evidenza le Fonti ^^ Questo ovviamente vale per tutti...

    I Kotodama ( Parole ) Sono , si energia , che non dimora nell'uomo ,ma riscontrabili in ogni suono, vibrazione,frase o gesto , movimento compiuto da Ogni Cosa nell'universo...L'insieme di Kotodama danno vita ai Mantra, ed i Mudra rappresentano il gesto che "Disegna" e delimita/Manipola lo spazio/Energia ed il tempo/energia.

    I Mantra ed i Mudra ( I secondi sono praticamente sconosciuti hai più ) Sono qui in occidente "Associati" Alla Magia, a volte Paragonati ad essa o a forme appartenenti ad essa....E' un errore interpretativo , una traduzione svolta seguendo uno schema associativo di pensiero incollato ed intrinseco della cultura Occidentale, partendo proprio dal termine Jumon ( Tradotto come magia ) e non associato ad un altro ideogramma che insieme lo Trasmuta in energia magica...

    Mantra e Mudra Sono l'essenza, la chiave vibratoria della più profonda ed oscura magia ( Oscuro per gli occidentali è l'esempio di una diversa interpretazione visiva/Culturale) In Giapponese oscuro è associato al Mistero/Misterioso-- Questa chiave vibratoria Fatta della conoscenza dei nomi di tutte le cose (Energie) consente se correttamente Interpretata/Vibrata di "Trasmutare" Il disegno/Desiderio/Volontà in " Azione ".

    Questi concetti rappresentano il "Percorso" Pratico nelle Scuole Marziali/ esoteriche non soltanto Giapponesi ma Cinesi e Indiane ( Kalarypaiat ( Sufita )...Dove la parte fisica ha come scopo quello di accordare nella corretta armonia le energie interne con quelle esterne universali.
     
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    Il sucesso e l'insucesso sono la diretta conseguenza del vostro abituale modo di pensare. Quale di questi pensieri predomina in voi: il successo o l'insuccesso? Se il vostro consueto atteggiamento mentale è negativo, uno sporadico pensiero positivo non sarà sufficiente ad attirare il successo. Se invece è costruttivo, raggiungerete la meta, anche se vi sembra di essere avvolti dalle tenebre. -- Paramhansa Yogananda

    James Jeans, astronomo e fisico. Il fisico Pagels avverte (Il codice cosmico, Bollati Boringhieri, cap.9 pag.134/137): "La vecchia idea che il mondo esista effettivamente in uno stato definito non è più sostenibile. La teoria quantistica svela un messaggio interamente nuovo: la realtà è in parte creata dall'osservatore".
     
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3 replies since 10/8/2013, 12:11   681 views
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