Aspetti psicologici del rituale di evocazione

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  1. SitaRama
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    Non mi sembra di aver visto discussioni simili a questa, quindi apro la discussione.
    Lo scopo di questa discussione è mostrare come agisce psicologicamente il rituale di evocazione affinché se ne comprenda il senso più profondo e si possa essere in grado di attuarlo nel miglior modo possibile.
    L'evocazione (chiamata all'esterno) è indiscutibilmente un argomento che prima o poi attira la mente di chi pratica, sia per la sua spettacolarità sia perché c'è tanto clamore intorno a questo tipo di rituale.... ma partiamo dalle basi.
    Poiché non esiste nulla all'esterno del corpo dell'iniziato che non sia anche al suo interno, qualsiasi rituale porta a smuovere gli equilibri interni della persona, permettendo (se fatti con cognizione di causa) la famosa trasmutazione interna dell'uomo.
    Nella fattispecie dell'evocazione quello che viene richiesto al praticante è di creare una frattura nell'equilibrio psicologico tale da poter permettere a determinate energie (quelle chiamate nell'evocazione) di potersi manifestare e diventare predominanti.
    Riuscire in un'evocazione quindi non è semplice. L'uomo vive in una sua condizione di equilibrio apparente che difficilmente vuole essere fatto oscillare tramite l'evocazione (facendo un paragone un pò virulento, è come l'immagine dello sterco secco che inizia a produrre il suo caratteristico odore se lo muovi... ed ovviamente questo all'ego non piace)...
    Immaginate ora un praticante che rischi di aver successo in un'evocazione senza conoscere tutto questo. Nel caso delle evocazioni così come tramandate dai maghi medievali, utilizzerà un sigillo (che per sua stessa natura "chiude" poiché sigilla) che farà diventare predominante l'energia evocata senza possibilità di ritorno. Ecco allora che si sente parlare di neofiti che dopo aver evocato Lilith diventano lussuriosi, o che dopo aver evocato Furcas diventano pieni di rabbia... è normale, poiché non sono in grado di gestire qualcosa che non hanno compreso.
    Conoscendo questi rischi, l'ego difficilmente permetterà un rituale di questo tipo, quindi bisogna scavalcarlo...
    Nella maggior parte delle pratiche medievali, per citare un esempio, assume un'importanza fondamentale la preparazione al rituale, poiché attraverso varie pratiche (digiuni, "meditazione", conoscenza dell'entità, visualizzazione del sigillo,...) la nostra mente entra in sintonia con quell'energia, permettendogli di indebolire il vincolo creato e di riuscire nell'evocazione.
    Queste pratiche sono necessarie in caso di persone che non sappiano "amare"... in fondo l'amore è la chiave della magia...
    Avete presente quella sensazione di stralunamento quando passa la persona che ci piace, che ci fa sentire sopra le nuvole, che ci fa fermare il respiro e ci fa fare la faccia da ebete? Quella sensazione è la stessa che bisogna usare in qualsiasi tipo di pratica, andrebbe sviluppata a comando per la perfetta riuscita di ogni pratica.
    Per la riuscita di un'evocazione basterebbe seguire i passi standard ricordandosi di "amare" l'entità evocata per avere successo, ma non essendo tutti in grado di farlo, nell'antichità si parlava delle pratiche preliminari (quelle illustrate poco sopra)... il tutto è sempre in funzione di quanto pensate di conoscere voi stessi.
    Non c'è bisogno di specificare oltre relativamente alle pratiche da svolgere come preparazione, ognuno deve trovare quelle che per lui funzionano meglio... sempre che siano necessarie.
    Per il rituale evocatorio, non c'è molto da dire in sé stesso.
    Per la tradizione orientale l'evocazione (iṣṭadevatā) si articola in questi passi:
    - assunzione della posizione in cui viene raffigurata l'entità (asana);
    - creazione dello spazio sacro di potere (maṇḍala);
    - infusione di energia allo spazio per renderlo reale, vibrante (mudrā);
    - rendere omaggio alla divinità (puja);
    - trasformazione della propria mente vibrando sulla stessa frequenza dell'entità (mantra);
    - realizzazione dell'unione con la divinità (samudācāratā).
    Non c'è molto da dire al riguardo di questa pratica, presuppone una buona conoscenza di sé stessi e delle solide basi nello yoga.
    Per la tradizione occidentale invece è un rituale più o meno standard che prevede i seguenti passi:
    - purificazione dello spazio rituale (la mente);
    - creazione dell'occhio di dio (il mago al centro del cerchio);
    - chiamata dell'entità;
    - congressus (ovvero identificazione con l'entità);
    - congedo;
    La purificazione è un'azione che serve a purificare, a rendere puro e deve essere fatta con tale scopo ed intenzione.
    Il cerchio è l'occhio di dio quindi per norma, il triangolo è interno al cerchio...
    Per la chiamata dell'entità si usa il nome come mantra ed il sigillo come chiave e porta che devono essere usate per la comunicazione.
    Attraverso la ripetizione del mantra si devono concentrare le nostre energie sul sigillo, che col tempo inizierà a brillare e ad emettere luce (per chi ha una visione astrale abbastanza sviluppata). Si deve continuare fino alla manifestazione che può avvenire nei modi più svariati a seconda della nostra capacità di percezione (tremolii lungo il corpo, freddo o caldo improvviso, scariche elettriche lungo la schiena, questo per chi ha una percezione ancora non molto sviluppata... nei casi migliori si sentirà la sua voce, si vedrà apparire l'entità nei fumi dell'incenso,...)...
    C'è poi il Congressus, che molti intendono ancora come la "richiesta all'entità", quando in realtà dovrebbe essere usata questo tipo di operazione per comprendere l'energia chiamata.
    Si chiude quindi il rituale con il silenzio.
     
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0 replies since 6/9/2013, 12:47   221 views
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