il sogno di Brahma

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    Antriani Fidelis
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    Il Lama Yongden, come tutti i pensatori del suo paese, era segreto e silenzioso. Molto spesso annotava le sue riflessioni per paragonare quelle che aveva fatto in diverse circostanze o in epoche diverse della sua vita. Praticava così quel principio essenziale della disciplina buddista: l’attenzione vigilante, quella continua presenza, quella lucidità di cui si dice nel Dammapada:
    « L’attenzione è il cammino che conduce all’affrancamento dalla morte, la disattenzione la non riflessione è il cammino che porta alla morte. Quelli che sono attenti non muoiono , i disattenti sono già come dei morti.»
    Commentando questa dichiarazione del Dammapada, il Lama Yongden notava:
    La visione giusta che figura come primo articolo del programma della disciplina buddista è inseparabile dall’attenzione perfetta. Infatti ne è un prodotto. L’attenzione penetrante e sostenuta avrebbe potuto essere posta in testa al programma poiché è la condizione indispensabile dell’acquisizione di conoscenze corrette, cioè di visioni giuste. A cosa quell’attenzione dovrebbe essere applicata? Deve applicarsi a ogni cosa , ai fatti materiali che scopriamo attorno a noi con i nostri sensi. Ai movimenti mentali che possiamo scoprire negli altri: idee, passioni sotto tutte le loro forme e in tutte le loro manifestazioni. Ma l’attenzione continua deve soprattutto essere diretta su noi stessi.
    Bisogna guardare le nostre reazioni ai diversi contatti dei nostri sensi fisici e del nostro spirito con il nostro ambiente. Dobbiamo scoprire, al passaggio, le nostre manifestazioni della attività fisica e mentale, fermarle per interrogarle: da dove vieni? Cosa ti ha generato? Chi sono i tuoi padri e le tue madri? E quelli che si possono scoprire tra la ressa degli antenati?
    Un problema posto ai loro discepoli dai Maestri della setta di meditazione (quella che gli occidentali gli occidentali conoscono sotto il nome di Zen) è questa: “ Che viso avevi prima che tuo padre e tua madre fossero nati?”
    La famosa opera hindu, la Bhagavad Gita, dà una chiara spiegazione di questo: “ Come un uomo lascia dei vestiti usati per prenderne dei nuovi, così quello che è incarnato getta il corpo usato per prenderne uno nuovo”.
    Come una tale concezione potrebbe trovare posto in un insegnamento che proclama il carattere transitorio di tutti i gruppi di elementi e che nega l’esistenza in essi di un elemento permanente qualunque: Jiva, anima, spirito, me, o qualunque sia il nome che gli si voglia dare?
    ANICCA ANATTA : Impermanenza. Assenza di ego dappertutto, in tutto. Questo è il credo buddista.
    Quel credo il buddista non lo presenta come una rivelazione; è il frutto di una scoperta, di una conoscenza acquisita per mezzo dell’attenzione, dell’investigare continuo. È con l’esame, con la riflessione- meditazione che il Budda è giunto all’illuminazione spirituale ed è possibile a ciascuno di noi ottenerlo in noi servendoci dello stesso mezzo.
    il buddismo scarta il problema di una causa prima, esorta i suoi seguaci a sforzarsi di discernere la natura degli elementi che costituiscono quello che chiamano il me. Li incoraggiano a risalire il più lontano possibile il corso delle cause che hanno contribuito alla costituzione di quegli elementi e hanno condotto alla loro momentanea riunione. I buddisti sono invitati a sorvegliare con una continua attenzione il comportamento di quei diversi elementi, le loro relazioni concordi o discordanti gli uni con gli altri, l’appoggio che si danno e la lotta tra loro. La visione chiara di queste diverse attività, proseguendo in lui, spiegherà all’osservatore i suoi cambiamenti d’umore, i suoi cambiamenti di opinione e la diversità dei comportamenti che ne conseguono.
    Veramente ogni sedicente ego è un crocevia dove si urta una folla, continuamente , venendo da molte strade, a cui si aggiunge di continuo altra folla da altri crocevia dell’universo.
    È bene tendere a questa visione dell’unione attraverso la diversità, sentir vivere altri in sé e percepirsi vivere in altri .
    Così, io ed altri abbiamo vissuto in una interdipendenza senza un inizio percepibile, continueremo ad esistere senza un termine concepibile; è l’equivalente ,nella scala umana, della vita eterna fatta di continue morti e di continue rinascite.
    “ Come immagini viste in sogno, così bisogna guardare tutte le cose”.
    È con questa dichiarazione che termina il libro del “passaggio al di là della saggezza”, la Prajna paramita.
    La scuola filosofica buddista che si rifà a Nagarjiuna ed alla Prajna Paramita di cui si dice essere l’autore, insegna che il nostro mondo e gli oggetti materiali e mentali coi quali lo accompagniamo è fatto di costruzioni a cui non smettiamo di abbandonarci. È il samskara, che significa assemblaggio di confezioni che nei più antichi testi buddisti si dice siano alimentati dall’ignoranza, produttrice di sofferenza.
    Uno dei principi maggiori che i maestri tibetani si sforzano di inculcare nei loro discepoli è: “ Non immaginate, non abbandonatevi ad un gioco di costruzioni mentali, edifici costruiti da immagini, come delle nubi: teorie e dogmi basati sul vuoto”.
    Prima del buddismo, gli indiani dicevano già in modo figurativo: “Il mondo è il sogno di Brahma. Quando Brahma smette di sognare, il mondo scompare”.
    Per i buddisti intellettuali appartenenti al Mahayana, il mondo è, non il sogno di un ipotetico dio Brahma, ma il nostro sogno, di ciascuno di noi.
    Ciascuno di noi confeziona continuamente nella mente le immagini del mondo dai molti aspetti che gli sembra circondarlo e in cui si vede giocare un ruolo, come gli capita di fare in sogno. Il mondo non è fuori di noi, ma in noi.
    Il problema di una causa prima dell’universo da allora non si pone più. Il nostro universo comincia ad ogni istante con i nostri pensieri che ne tessono le forme illusorie, simili a immagini viste in sogno, come dice Nagarjiuna.
    Colui che, pur conservando le apparenze di un ruolo da giocare in questo mondo, lo considera con la serenità che dà la conoscenza della sua vera natura di immagini viste in sogno, di cui lui stesso è il creatore, chi ha sciolto con l’investigazione profonda le false nozioni non ha bisogno di morire per arrivare al nirvana. L’ha raggiunto come il Budda e come numerosi suoi discepoli.

    Fonti
    www.revue3emillenaire.com/it/?p=2101
     
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    Donna oracolo

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    Bellissimo argomento come sempre ;) complimenti :D
     
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1 replies since 18/11/2013, 10:06   444 views
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