Concentrazione, Meditazione, Contemplazione

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    Buongiorno a tutti, inserisco qui la discussione sperando sia nel luogo esatto, in caso contrario prego un moderatore di spostarla dove ritiene sia più adeguata.

    Concentrazione, Meditazione, Contemplazione



    La nostra mente, che si esprime attraverso il cervello fisico, va educata. In che modo? Una mattina, poichè pioveva ed eravamo rimasti nel campeggio, Mario venne a trovarmi nella mia veranda. Interruppi la mia lettura. Lui si sedette vicino a me e, presa una matita dal tavolo, me la diede da tenere in mano. Mi disse di guardarla con attenzione, di concentrarmi su di essa. Mentre fissavo la matita mi disse:

    a) che la conoscenza iniziatica implica la ricerca di significati "ulteriori" di esseri e cose, ed ancor più a metterci in contatto con l'essenza più profonda di noi stessi (siamo veramente la persona in cui ci riconosciamo quando ci guardiamo allo specchio tutti i giorni?);

    b) che il processo della conoscenza iniziatica, che non è erudizione ma trasfigurazione di noi stessi, si basa su tre elementi:
    1) LA CONCENTRAZIONE
    2) LA MEDITAZIONE
    3) LA CONTEMPLAZIONE

    Essi rappresentano il processo che porta all'intuizione, punto focale di tutto il lavoro iniziatico.
    (Nel pensiero "tradizionale" indiano si parla, rispettivamente. di Dharana, Dhyana, Samadhi).

    "CONCENTRAZIONE" vuol dire focalizzare l'attenzione della mente cosciente su di un certo oggetto (persona, cosa, simbolo o altro). Più precisamente, con la concentrazione identifichiamo l'oggetto per quello che è. Ad esempio, se l'oggetto prescelto è una penna si tratta di stabilire da parte mia, anche se la cosa può sembrare ovvia, che davanti a me ho una penna e non un libro. Devo, infatti, stabilire che ho davanti una penna con una partecipazione totale del mio essere, quasi fossi meravigliato di ciò (abbiamo detto che il sapere teorico deve tradursi in partecipationem misticae).
    La nostra attenzione sarà così pienamente assorbita dall'oggetto. Alla concentrazione segue la

    "MEDITAZIONE" vera e propria, cioè una concentrazione prolungata. Si tratta di continuare a mantenere concentrata la mente sull'oggetto in uno stato rilassato. Scopo della meditazione, infatti, è proprio quello di porre la mente in uno stato in cui via via si acquieta l'usuale turbinio dispersivo di pensieri che la caratterizza: La mente cosciente è ora raccolta in se stessa anzichè essere focalizzata sul mondo esterno, ed è disponibile a ricevere nuove suggestioni da quel "piano mentale" che la ricomprende. Tornando all'esempio della penna, comincio con l'individuarne tutte le caratteristiche. Ne esaminerò la forma, colore,lunghezza, il materiale, la marca ed altre caratteristiche. E' la fase della discriminazione o analisi.
    Con la meditazione comincio, dunque, a vedere la penna in un modo diverso da quello usuale, dove una penna è solo una penna come tante altre e basta. E' come se diventassi tutt'uno con la penna stessa. In altre parole è mutato il mio rapporto con la penna in questione. Ad un certo punto alla meditazione, come l'evangelico "ladro che viene di notte", subentra la terza fase:

    la "CONTEMPLAZIONE". Esaurita la discriminazione razionale, rappresentata dalle due fasi precedenti della concentrazione e della meditazione ( che sono un essere PRESENTI A NOI STESSI ) subentra nella mente uno stato di attesa. Essa, ormai, ha saputo tutto quello che razionalmente poteva sapere sull'oggetto e si è rilassata. E' in questo momento che le sue maglie si allentano, ed allora possono affiorare nuovi contenuti rispetto all'oggetto della nostra considerazione: nuove sensazioni e pensieri che, pur non essendo frutto di un ragionamento, si impongono alla mente per la loro chiara evidenza . Si tratta di qualcosa di soggettivo ma che dobbiamo comunque ritenere pertinente all'oggetto della meditazione stessa, e più in generale agli argomenti sollecitati ed alle nostre ansie gnostiche.
    La "contemplazione" è la fase intuitiva del processo di conoscenza, qualcosa che non è facile da descrivere. E' la fase finale del processo. Riguardo ad essa dobbiamo essere ottimisti: vi è sempre, infatti, un qualche ottenimento. Mentre concentrazione e meditazione sono attività legate alla razionalità, e quindi processi voluti ad arte, la contemplazione è un fenomeno puramente spontaneo, i cui risultati cioè non sono programmabili in termini temporali nè prevedibili riguardo ai contenuti. Diciamo che le questioni da noi poste attraverso la meditazione hanno uno sviluppo, nel "piano mentale" simile a quello del seme della terra .
    A ben vedere, dhikr, mantram e altre "pratiche-rituali" elaborate da Mario che verranno illustrate in seguito "lavorano" tramite la triade di concentrazione-meditazione-contemplazione. Esse sono state costruite per evidenziare gli aspetti salienti delle tematiche iniziatiche su cui ci preme lavorare (Dio,l'Angelo custode, gli Dei, gli "Spiriti", i Centri Vitali ed altro ancora) ma senza esaurirli. Così stimoliamo il cosiddetto inconscio affinchè quest'ultimo dica la sua sulla tematica sollecitata sotto forma di un'intuizione che, in un qualche modo, ci giungerà. E' questo il modo fondamentale di lavorare su noi stessi che mi è stato insegnato . Dovremmo tenere presente queste parole ogni volta che nel corso del Racconto verrà presentata una pratica. Più precisamente il processo avviene con la seguente gradualità:

    1. La ragione esprime i concetti intorno ad una cosa e poi elabora argomenti, simboli e pratiche;

    2. queste cose o immagini da noi elaborate le dobbiamo "osservare" pacatamente (fasi della concentrazione e della meditazione);

    3. dobbiamo infine attendere che esse ci parlino, in altre parole dobbiamo lasciare che esse ci coinvolgano intellettualmente ed emotivamente, che producano certe risonanze nel mentale (fase della contemplazione);

    4. dopo che qualcosa si è rivelato a noi, passeremo nuovamente ad affrontare razionalmente l'argomento in precedenza elaborato. Una cosa, infatti, deve essere chiara: imbrigliare, far tacere il pensiero duale, discorsivo, non significa che possiamo prescindere dal vaglio della ragione. Non saremo mai degli ingenui creduloni.



    Praticare la concentrazione, la meditazione e la contemplazione significa abituare il "mentale" a pensare ad una sola cosa per volta , e con la massima concentrazione possibile. Ne consegue che il nostro pensiero avrà una maggiore forza "direzionale". Ricordo ancora quanto mi entusiasmarono le seguenti parole del medico varese Franz Hartmann (1832-1912), rosicruciano e figura di primo piano dell'occultismo tedesco di fine Ottocento:

    "Se potessimo fissarci in un pensiero potremmo creare. Ma chi, se non l'illuminato, può fissarsi in un pensiero? Forse che le illusioni dei sensi non distruggono continuamente quello che tentiamo di creare? L'uomo non pensa quello che sceglie, ma quello che gli passa per la mente. Se potesse controllare l'azione della sua mente, saprebbe controllare la propria natura e la natura che circonda la sua forma."




    Hartmann considerava il controllo del naturale scorrere dei nostri pensieri essenzialmente in una prospettiva magica. Vedremo altresì che sviluppando la facoltà dell'ATTENZIONE non più nei confronti di una questione specifica ma verso il nostro corpo ed i nostri pensieri ed emozioni, nasce in noi uno speciale "testimone" . Come insegnava G.I. Gurdjieff, il terzo grande maestro del Novecento "l'Io che osserva" ci condurrà, infine, a lasciar cadere l'identificazione con la nostra "persona".
    Essa, in senso letterale, è la maschera con la quale ci presentiamo all'esterno, ed è il frutto delle influenze e dei condizionamenti subiti nel corso della vita. Altra cosa è quella che Gurdjieff chiama "Essenza" . Si tratta delle qualità individuali più strettamente legate a quel determinato "progetto-uomo" che è giunto ad incarnarsi nel piano fisico ma che sono oscurate a causa dell'ambiente, dell'educazione ricevuta e così via.

    Quando la personalità, questo dio geloso, viene ridimensionata, vediamo le cose in una luce diversa. Quando non sei più legato alla tua personalità, quando non sei più in balia del "mondo" , lo Spirito che è già in noi (essendo noi uno con Dio), può liberamente spaziare nel nostro animo. Quando il "me" lascia il posto al "Sè" (che equivale a dire quando in noi risplende la "Natura del Buddha" o ancora, secondo la terminologia giovannea ed eckhartiana, quando nel fondo dell'anima si genera il Logos); Quando si è realizzato il "distacco" da se stessi; quando si è morti a tutto ciò che è appropriativo e costituisce affermazione del singolo, nasce l'"amore", agàpe da intendersi - metafisicamente - come comunione, condivisione ( è infatti tradotto anche con "carità" , come in San Paolo 1Cor.13.2). Infatti, se ho realizzato con tutto il mio essere che io sono in Dio e Dio è in me, e tutto è in Dio, allora, da un certo punto di vista, non cè più la distinzione tra un me e ciò che è altro da me. In quest'ottica l'amore non è uno sdolcinato sentimento ma fondamentalmente il rispetto verso l'altro che deriva da una presa di posizione metafisica intimamente vissuta.
    Ecco la vera mistica.


    Fonte: Tradizione e Spiritualità - Riccardo Mangolini
     
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